IL FATTORE MENTALE NEL TENNIS
- L'aspetto emozionale dell'atleta.
Come ho già precedentemente affermato, ritengo che il fattore mentale sia la parte più importante (e anche più complessa) di un tennista agonista.
Continuo a ribadire tale concetto, in considerazione della peculiarità di questa difficile quanto affascinante disciplina sportiva. Il tennis, infatti, come pochi altri sports, è un attività di tipo "Open skills", cioè a situazioni aperte. Durante ogni punto giocato, infatti, è impossibile prevedere cosa succederà nel colpo successivo (Dove tirerà il mio avversario? Che velocità darà alla palla? E che rotazione? Dove si sposterà dopo aver tirato?) Come si può facilmente dedurre, la differenza è sostanziale e quindi l'incidenza dell'aspetto mentale, rispetto ad altri sports definiti "closed skills", cioè a situazioni chiuse, come può essere la corsa, il salto, il lancio del peso, ecc.; in questi ultimi è sicuramente prevalente l'aspetto fisico e tecnico ("Devo correre più veloce possibile! - Devo saltare più in alto che posso! - Devo lanciare più lontano possibile!"). E' chiaro che esiste anche in questi una incidenza dell'aspetto mentale, ma è di gran lunga meno importante delle altre.
Ma cosa si intende per fattore mentale?
Per fattore mentale intendo un insieme di componenti emozionali, cognitive e logiche che l'atleta deve imparare a conoscere ed utilizzare durante un match.
L'Emozione:
L'essere emozionati non è una brutta cosa! Anzi, assenza di emozioni significa apatia, svogliatezza, disattenzione. Un livello emozionale alto, porta invece alla paralisi e all'incapacità di reagire a situazioni non previste. Quante volte vi è capitato di dover cantare davanti ad altri e sembra che la voce non esca, oppure a raccontare una barzelletta davanti a più persone ed avere la sensazione di non ricordarla? Bene, questa è la sensazione di paralisi che si avverte quando siamo troppo emozionati! Quante volte vi è capitato invece, di commettere errori banali su qualcosa che fate in modo routinario e quindi che non vi emoziona più? In ambedue i casi la vostra performance, qualsiasi cosa stiate facendo, è compromessa. Nell'ambito della psicologia dello sport (e non solo) questo "livello" emozionale viene chiamato ARAUSAL. E' chiaro quindi, che otterremo la prestazione massima quando il nostro Arausal sarà ad un livello intermedio e per noi ottimale.
Nel disegno è rappresentato l'andamento della prestazione all'aumentare dell'arausal, partendo dallo stato minimo (dormiveglia) e fino allo stato massimo (nervosismo isterico). E' importante, a questo punto, puntualizzare che il livello di arausal ottimale è diverso per ognuno di noi.
Ecco quindi, quali sono le sequenze importanti dell'aspetto emozionale per una prestazione ottimale:
1) scoprire e conoscere il proprio livello di arausal ottimale;
2) essere coscienti del proprio stato di arausal;
3) essere in grado di spostare volutamente il nostro stato di arausal mediante:
- la conoscenza degli esercizi, rituali, gesti o pensieri che innalzano il nostro arausal;
- la conoscenza degli esercizi, rituali, gesti o pensieri che abbassano il nostro arausal.
Poco c'è da dire sulla scoperta del proprio livello di arausal ottimale, se non che il coach deve saper portare l'atleta a situazioni che comportino vari livelli di arausal e lasciare che l'atleta stesso "conosca" il suo stato ottimale.
Lo stesso si può dire per la consapevolezza dello stato attuale, che invece deve essere "percepito" dall'atleta con ripetizioni ed esperienze.